3 mesi e ancora – Racconto Femdom

Sono 3 mesi esatti: non mi sono messo a contare giorni e ore, perché la tortura sarebbe stata insopportabile. 3 mesi che mia moglie, la mia padrona, non mi concede un orgasmo. Avrei potuto disobbedire ai suoi ordini, visto che questi 3 mesi li ho passati in trasferta, ma sono uno schiavo fedele. Che spera stasera, al ritorno a casa, di avere finalmente il suo premio.

La aspetto in ginocchio di fronte al letto, nella nostra camera: le luci sono spente, salvo una lampada antica, che proietta la sua luce calda proprio sul nostro talamo. Il mio uccello è costretto in una gabbia: questa volta non è troppo stretta, quasi a volermi concedere un po’ di libertà e di piacere. Mi sembra quasi di tremare, per l’ansia e l’attesa, finché non sento la porta che finalmente si apre: e la mia signora entra in scena.

Indossa solo i suoi stivali preferiti: il suo corpo è perfetto come lo ricordavo e il mio uccello cerca subito di reagire allo spettacolo. Mi concentro per bloccare l’erezione e non fare arrabbiare la mia padrona.

“Non avere paura, mio fedele schiavo: dopo tanto tempo capisco che vedere tua moglie ti piaccia. Ma non osare toccarti.” La studio in ogni particolare e lascio andare la mia erezione: davvero, se mi toccassi, potrei venire in pochi secondi.

Mia moglie si stende sul letto, illuminata alla perfezione dalla luce calda: “Questa sera avrò un cazzo tutto per me, e forse anche due. Indovina quale sarà invece il cazzo che potrà solo guardarmi godere?”

Un brivido di piacere mi percorre la schiena. “Il mio, padrona. Il tuo schiavo sarà felice di guardare il tuo piacere.” Il cenno di assenso di mia moglie mi fa capire che è compiaciuta: forse non la potrò toccare, ma magari mi lascerà godere della sua bellezza.

Da sotto le coperte estrae un dildo: rosso, lungo, svettante. Sicuramente uno di quelli che sua moglie avrebbe usato su di lui, quando si sarebbe guadagnato un premio. Comincia a leccarlo, con  precisione e attenzione, in modo da lubrificare completamente tutta la lunghezza. E poi dalla bocca lo fa scivolare verso la figa.

La vedo e la immagino già calda e bagnata: la mia padrona si eccita a torturarmi. Inizia a strofinarlo, prima sul clitoride, poi sulle labbra. E io sono nella posizione perfetta per godermi lo spettacolo, mentre il mio cazzo si fa sempre più duro, nonostante sia costretto nella gabbia, tanto da mandarmi una piacevole sensazione di dolore.

“Ti piacerebbe che questo fosse il tuo cazzo, vero schiavo? Ma questa sera non sei così fortunato, devi imparare a stare al tuo posto!” Così dicendo si infila il fallo nella figa, con un colpo deciso: sicuramente non incontra nessuna resistenza, sento i rumori dei suoi umori che coprono completamente il dildo, mentre lo fa scorrere avanti e indietro.

Aumenta il ritmo, sento il suo respiro farsi sempre più veloce e il primo orgasmo avvicinarsi: con una mano si accarezza il clitoride e basta questo per sentirla urlare di piacere. Anche il mio respiro si fa sempre più veloce, ma devo calmarmi: la padrona non mi ha detto che posso ancora godere.

Depone il dildo nel letto e dal suo comodino estrae il suo vibratore preferito: è fatto in modo da stimolare sia la vagina che il clitoride, con diverse velocità e intensità. Non serve nemmeno che lo lecchi, la figa della padrona è tanto bagnata che il vibratore sparisce velocemente al suo interno. Sento che lo accende e che il ronzio della vibrazione si fa sempre più intenso.

La vedo che si contorce dal piacere: con la mano libera stimola i capezzoli, che sono duri e scuri, mentre muove ritmicamente il bacino per accompagnare le vibrazioni che le scuotono la vagina. Urla sempre più forte, chiude gli occhi e si abbandona al piacere: la sua vagina fa uscire un lago di umori, che sicuramente hanno bagnato completamente il letto. Il mio cazzo è sempre più stretto all’interno della gabbia, tanto che dalle labbra mi sfugge un lamento: la padrona lo sente e decide di avere pietà di me.

“Puoi godere, schiavo.”

L’eccitazione, l’attesa e la costrizione della gabbia fanno sì che il mio orgasmo sia potente: non devo nemmeno toccarmi, mia basta lasciare andare il controllo e il mio uccello comincia a spingere ritmicamente contro le pareti che lo imprigionano, schizzando lo sperma sul pavimento davanti a me.

Non ricordo un orgasmo così forte e nemmeno di essere venuto così tanto: la padrona sembra soddisfatta, ma il mio cazzo è ancora voglioso, forse per la prolungata astinenza. E l’erezione che continua a premere sulle pareti della gabbia non sfugge al suo sguardo attento, ora che si è ripresa dal suo piacere.

“Ma guarda il mio piccolo schiavo, che obbedisce alla sua padrona: forse meriti davvero un premio.” Al pensiero di essere premiato il mio cazzo si risveglia sempre di più e oso alzare gli occhi verso la padrona, che mi si è avvicinata.

“Mi concederai di scoparti padrona?” Suono fin troppo speranzoso, quasi disperato, ma vedo quanto le piace avere il completo controllo su di me.

“Può darsi, ma non è ancora il momento.” Si dirige verso l’armadio e la vedo ritornare verso di me, con indosso uno strap on nero, perfettamente fissato agli spli di pelle. Si ferma davanti a me, con il fallo che si trova proprio all’altezza della mia faccia.

“Non avere troppa fretta, schiavo. Non ho ancora finito di divertirmi.” Mi solleva la testa e spinge lo strap on verso la mia bocca. Docilmente la apro e inghiotto il dildo, fino in fondo, mentre la padrona inizia a scoparmi la bocca, arrivando fino in gola.

“Prima devo punirti ancora un po’”. Quando estrae il fallo dalla bocca mi piego docilmente sulle mani, mentre lei mi passa alle spalle, pronta a penetrare il mio culo come se fosse una vagina. Mentre sento la punta dello strap on che inizia a spingere, il mio cazzo reagisce, pronto a ricevere la punizione che merito. 

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