La SPA del peccato – Racconto Incesto

Un’intera settimana di vacanza sulla neve: non mi sembrava nemmeno vero, anche considerando che sarebbe stato ospite di suo zio Marco e della sua famiglia. Con la splendida cuginetta e l’ancor più bella zia Lucia.

Capelli castani, lunghi, tutte le curve al posto giusto e il fascino di una cinquantenne in piena forma: era impossibile non essere attratti da lei. Per questo, quando dopo una mattinata passata sulle piste, zia Lucia aveva detto di essere stanca e aveva chiesto di essere accompagnata a rilassarsi nella spa dell’hotel, mi ero offerto subito come volontario.

Marco e mia cugina erano rimasti sugli sci, mentre io e la zia scendevamo lungo l’ultima pista e raggiungevamo l’hotel. Ci eravamo ritrovati all’ingresso della spa, con una prima sorpresa: niente costume e accappatoio, era ammesso solo un sottile telo di cotone. Zia Lucia non si era fatta problemi: si era levata l’accappatoio e il costume, prima di coprirsi con il telo, deliziandomi della vista di un seno non troppo grande e ancora sodo.

E io non ero stato da meno: vista la situazione il mio uccello si era già risvegliato e avevo indugiato un po’ nel levarmi gli slip e indossare il telo, giusto per cogliere uno sguardo malizioso di zia Lucia. Decisamente aveva apprezzato lo spettacolo.

La spa era vuota: nelle prime ore del pomeriggio la gente era ancora tutta sulle piste, per fortuna. Ci eravamo diretti subito verso la sauna, per rilassarci nel caldo, dopo aver chiuso la porta alle nostre spalle.

Seduti uno accanto all’altra sulla panca di legno, mi ero immerso nel profumo che il corpo di Lucia emanava: intenso e dolce, come immaginavo fosse il sapore della sua figa. E mentre mi perdevo nella fantasia di leccargliela fino a farla urlare, avevo sentito la sua mano risalire lentamente lungo la mia coscia, sempre più sù.

“Sai Andrea, ho sempre pensato che tu sia un ragazzo affascinante, chissà quante donne ti corrono dietro.”

Dicendo così aveva lasciato scivolare il telo sulla panca e si era stretta con il suo corpo contro il mio: lo sentivo morbido e sodo e cominciare a baciarla e accarezzarla era stato assolutamente naturale. Le mie mani si muovevano ovunque, mentre le sue passavano dai fianchi alla schiena, scivolando ogni tanto vicino al mio uccello, che si faceva sempre più duro.

Ma  prima di scoparla dovevo soddisfare la mia curiosità: per questo, dopo aver assaggiato i suoi capezzoli grandi e profumati, mi ero inginocchiato davanti a lei, aprendole le gambe. La prima cosa che mi aveva colpito era il suo profumo: pieno e intenso, proprio come la sua padrona. Ed eccola lì, la figa che era al centro dei miei pensieri: con una piccola striscia di pelo scuro, perfettamente curato, che la rendeva ancora più interessante.

Mi ci ero buttato sopra con foga, immergendomi tra le cosce bianche e morbide. E avevo iniziato a leccarla, partendo dal clitoride per scendere più in basso, aprendo le labbra e infilando la lingua per esplorare l’interno della vagina.

Non mi ero sbagliato: il sapore era dolce, anche se intenso. I suoi umori erano iniziati a scorrere quasi subito, segno che quello che facevo le piaceva davvero. E me ne ero accorto anche dal fatto che mi aveva stretto la testa, iniziando ad arcuare il bacino, cercando di portare la mia lingua dove desiderava di più. I suoi gemiti mi arrivavano attenuati, perché con le gambe mi avvolgeva la testa, temendo forse che volessi scappare.

In realtà sarei stato a leccarla per ore, ma il mio uccello pulsava alla disperata ricerca di attenzioni e poteva arrivare qualcuno da un momento all’altro: per questo mi ero concentrato sul clitoride, leccandolo con sempre maggiore intensità, sentendolo sempre più gonfio, fino a udire il suo grido soffocato, mentre le gambe mi stringevano con forza.

Mi aveva riempito la bocca con i suoi umori caldi e per un attimo si era fermata, forse per riprendere fiato. Ma quel primo orgasmo non era stato abbastanza per colmare la sua voglia.

“Andrea scopami, scopami subito.”

Doveva avermi letto nel pensiero: mi ero alzato di scatto e il telo mi era scivolato lungo i fianchi, mettendo in bella mostra il cazzo in piena erezione. Senza troppi preamboli avevo preso zia Lucia per i fianchi e le ero entrato dentro, senza incontrare alcuna resistenza.

Il rischio di essere scoperti e la situazione mi avevano eccitato moltissimo: per questo avevo iniziato a spingere il più forte possibile, per portarla di nuovo a godere prima di esplodere. Il mio uccello entrava e usciva con facilità: non potevo vederlo ma lo sentivo avvolto dal calore della sua figa.

Quando i suoi gemiti si erano fatti più forti avevo accelerato ancora di più, finché non l’avevo sentita di nuovo che mi stringeva tra le gambe, mentre la sua figa pulsava per il piacere. Era troppo, stavo per venire anche io.

“Zia sto per godere.” Ero riuscito ad ansimare e lei si era subito ripresa: “In bocca, lo voglio in bocca.”

Non mi ero fatto pregare: lo avevo tirato fuori e mi ero alzato di fronte a lei, che non aveva esitato a prenderlo tra le sue labbra. Che erano calde e morbide esattamente come la sua figa, tanto da farmi girare la testa.

Sapevo che dovevamo fare in fretta: quindi le avevo messo le mani tra i capelli e avevo iniziato a spingere sempre più velocemente. Speravo di non soffocarla, ma erano bastate poche spinte per sentire l’uccello pulsare e la sborra uscire a fiotti, mentre non mi riusciva di trattenere un gemito fin troppo forte.

E zia Lucia non si era ritirata: l’aveva bevuta tutta, fino all’ultima goccia, per poi pulire con la lingua tutto il mio cazzo. Se avesse continuato così rischiava di farmelo tornare duro in pochi minuti.

Ma un rumore proveniente dall’esterno della sauna ci aveva interrotti: delle voci, probabilmente alcuni clienti che erano entrati per godersi un po’ di relax. Anche se non avrebbero goduto come noi.