Lo smalto – Racconto Femdom

Sono a pancia in su sul mio letto, con le mani legate saldamente alla testiera di ferro: e sono nudo. La mia padrona è arrivata puntuale ed è stata soddisfatta di trovare sul tavolo un bicchiere del suo vino rosso preferito.

“Devo mettere lo smalto, domani ho una festa. Spogliati e stenditi sul letto.”

Ho obbedito senza fiatare, aspettando di scoprire cosa mi attendeva: mi aspettavo le cinghie ai polsi, meno quello che era arrivato dopo. Mi aveva preso in mano l’uccello, che aveva reagito subito con una solida erezione: erano 5 giorni che non venivo, obbediente agli ordini della mia padrona.

Poi avevo sentito che appoggiava qualcosa alla base del pene, proprio e il “clic” di un pulsante, seguito da una vibrazione che coinvolgeva sia pene che testicoli. Non potevo vedere bene, ma era facile immaginare quale tortura avesse previsto per me: uno dei suoi vibratori a stimolarmi, mentre non potevo assolutamente venire.

“Adesso devi stare fermo e buono. E non provare nemmeno a venire, perché non ne hai il permesso. Devo concentrarmi per fare un buon lavoro.”

Dicendo così aveva tirato fuori dalla sua borsa una boccetta di smalto di colore rosso sangue e si era sistemata sulla poltrona davanti al letto, dedicandosi con attenzione alle unghie delle mani.

Nel frattempo cercavo di allontanare la mia mente dalla sensazione di piacere che mi stava attraversando, sempre più forte. Sentivo i brividi partire dalla base delle palle, fino alla punta dell’asta: sarebbe bastato pochissimo per venire, ma non potevo rischiare di deludere la mia padrona. La punizione sarebbe stata ancora più grave.

“Lo so che sono 5 giorni che non vieni, ma devi avere pazienza. Ora finirò di prepararmi, poi me la potrai leccare e poi, forse, ti lascerò libero di godere.” Il tempo mi sembrava infinito: avevo provato a chiudere gli occhi, ma le sensazioni sembravano ancora più amplificate. Quindi mi ero concentrato sul ronzio del vibratore, che era l’unico rumore che si poteva percepire nella stanza.

“Ecco, ora devo passare ai piedi.” La voce della padrona aveva interrotto la mia concentrazione: aveva parlato di piedi, questo voleva dire che tutto sarebbe stato ancora più difficile. L’avevo vista alzarsi dalla poltrona, levarsi le scarpe leggere e sfilarsi i collant, per sistemare il piede destro a pochi centimetri dal mio viso.

“Guarda con attenzione, voglio che mi avvisi se c’è qualche sbavatura nello smalto.” Sapeva che non avrei potuto resistere e nemmeno distrarmi: l’unica cosa che volevo era leccare quei piedi perfetti, succhiare a una a una le dita, per coprirli poi con il mio sperma. Era il massimo che la padrona concedeva, perché non mi aveva mai permesso di vederla completamente nuda, né di toccarla: tantomeno di scoparla.

La padrona aveva deciso di farmi un regalo speciale e aveva avvolto i collant intorno al mio uccello: così la vibrazione aveva assunto sempre di più l’aspetto di un carezza decisa e morbida e io avevo rischiato di impazzire.

Non potevo distrarmi e i suoi piedi erano come magneti per i miei occhi. Osservavo i movimenti delicati del pennello lungo le unghie, che assumevano un colore sempre più intenso. Come intense erano le spinte che sentivo lungo l’uccello, con lo sperma che premeva sempre più forte per essere libero di uscire: tra poco sarebbe arrivato il dolore e poi, forse, il piacere.

Avevo cercato rifugio nelle poesie imparate a scuola e anche nelle preghiere: non ero religioso, ma avevo bisogno di qualcosa che mi aiutasse a distrarmi, mentra la padrona era passata al piede sinistro, dedicandosi a decorarlo con lenta precisione. 

Sentivo le palle che mi facevano male quando aveva ritirato il piede, probabilmente soddisfatta del suo lavoro. Aveva aspettato qualche minuto in silenzio: probabilmente perché lo smalto si asciugasse a dovere, in modo da non rovinare tutto il lavoro.

“Perfetto, ora puoi leccarmela. Vedi di farlo bene, voglio godere come mi piace, altrimenti dovrai aspettare ancora qualche giorno per venire.”

Mi sistema le gambe ai lati della testa e mi trovo la sua figa sulla faccia, quasi a soffocarmi: non posso distrarmi, devo obbedire alla mia padrona. Inizio a leccare dal clitoride, delicatamente per non irritarla. E solo quando sento che si gonfia e la padrona comincia a muovere i fianchi, sposto la mia attenzione sulle labbra.

Le apro delicatamente con la lingua, poi la penetro: cerco di raccogliere sulla lingua quanti più umori posso, prima di tornare al clitoride, aumentando il ritmo della leccata, lasciandomi guidare dai gemiti della padrona. Capisco di essere arrivato al punto giusto quando lei si blocca e sento il volto inondato dal suo liquido caldo: adoro quando mi squirta in bocca, nessun succo è dolce quanto il suo.

Sento il mio pene pulsare ancora più forte: devo respirare a fondo, ma la padrona sembra soddisfatta della mia opera e si avvicina al mio cazzo con la mano. Sento un altro “clic” e le vibrazioni diventano ancora più forti, sembrano quasi entrarmi nel cervello.

“Muoviti: hai esattamente 30 secondi per godere, poi spegnerò il vibratore e dovrai aspettare la prossima settimana.”

Forse ne passano 3 di secondi e sento le palle che esplodono dolorosamente, mentre schizzano lo sperma verso l’alto. Pochi spruzzi e i collant, il pube, l’addome e le gambe erano ricoperti del mio seme, mentre l’uccello pulsa ancora dolorosamente, prima di accasciarsi a lato, ormai vuoto e spento.

La padrona sembrava soddisfatta e mi aveva liberato i polsi: toccava a me il compito di pulire sia il mio corpo che il vibratore. Avevo cercato  di fare in fretta, mentre lei indossava un nuovo paio di collant le scarpe, prima di rimettere il vibratore nel suo contenitore e nella borsa. I collant che erano avvolti intorno al mio cazzo erano rimasti sul letto, impregnati di sperma e dell’odore dei suoi piedi. Non potevo crederci, ma me li avrebbe lasciati, come premio per la mia cieca obbedienza.

“Sei stato davvero bravo, schiavetto. Ti lascio un regalo, che potrai tenere intorno all’uccello fino alla nostra prossima volta. Ma ricorda che non puoi godere finché non ti do io il permesso.”

Se ti è piaciuto questo racconto erotico, puoi leggere anche: