Non guardarmi – Racconto Fetish

Due occhi che mi guardano mentre vengo scopata: per molte donne è un afrodisiaco, per me è un blocco. Incrociare lo sguardo mentre faccio sesso è il modo sicuro per non avere un orgasmo.

Ho provato in tutti i modi: ma quando vedo quell’espressione negli occhi di un uomo non posso fare a meno di pensare a un maiale che consuma il suo pasto. E l’eccitazione si spegne inevitabilmente. Quando voglio un orgasmo devo tenere gli occhi chiusi, oppure mettermi alla pecorina: solo così riesco a godere. Poi, ovviamente, se uso un vibratore: che è diventato, negli anni, il mio compagno fidato. Lo accendo, decido il ritmo, godo e lo spengo: nessun problema e massimo risultato.

Tutto questo mi ha limitato molto negli anni, finché non ho conosciuto Flavio: su un sito di incontri, dove mi ero iscritta per noia. Mi ha attirato il suo profilo: si definisce un master, un uomo in grado di “scopare la mente, prima del corpo.”

L’ho incontrato per metterlo alla prova: avevo voglia di qualcosa di nuovo, ma non sapevo come trovarlo. Quindi gli ho raccontato, già dai primi contatti, della mia fantasia di farmi scopare da più uomini, ma di non poterli vedere in faccia. Ovviamente era esclusa la possibilità di essere bendata: avevo provato, ma il fatto di non sapere quello che accadeva intorno mi creava paura.

Pensavo Flavio sparisse subito, di fronte a tante richieste difficili da soddisfare, invece mi aveva proposto un caffè. Un uomo distinto, elegante, dallo sguardo attento. E aveva ascoltato in dettaglio quello che avrei voluto fare. Era rimasto in silenzio per un po’ prima di accennare un sorriso.

“Ti fidi di me?”

Prima di fidarmi avevo voluto conoscerlo meglio: vita normale, lavoro sicuro, passione per la fotografia. Non avevamo scopato: mi aveva detto subito che il sesso “normale” non rientrava nei suoi interessi. Però mi aveva fatto vedere la sua collezione fotografica personale: donne, a volte bellissime a volta normali, riprese a fare sesso con uomini giovani e ben dotati. Di cui non si vedeva il viso.

“Si tratta di una maschera in lattice che ha realizzato un mio amico, seguendo le mie indicazioni. Ha dei microfori che permettono di respirare e di vedere, ma il volto è completamente coperto. Ho pensato potrebbe essere la soluzione per te.”

La sua proposta mi aveva quasi scioccato: poi mi ero immaginata, in mezzo a un gruppo di uomini, tutti con l’uccello in tiro e pronti a scoparmi. In ogni posizione, senza che io li dovessi guardare. E l’eccitazione aveva incominciato a salire, come non mi accadeva da tempo. Quella sera mi ero masturbata, pensando a come sarebbe stato: avevo goduto in pochi minuti, solo accarezzandomi, senza nemmeno bisogno del vibratore. Non vedevo l’ora.

Che era arrivata relativamente presto: avevo lasciato carta bianca a Flavio, che aveva scelto tre dei suoi “fidati amici”: ragazzi che aveva già visto all’opera e di cui si fidava.

“Ti piaceranno vedrai. I loro uccelli, intendo.”

La location era il suo studio fotografico, arredato per l’occasione: una chaise longue di pelle nera era sistemata al centro, su un tappeto rosso. Quello sarebbe stato il mio posto: le luci erano discrete, sistemate in modo da permettere di fotografare tutto quello che sarebbe accaduto: questo era il nostro accordo.

Mi ero messa comoda, allungando le gambe nude sulla pelle morbida, quando Flavio aveva fatto entrare i suoi 3 ragazzi. In effetti non aveva mentito: il fisico era notevole, come il cazzo. Si erano presentati già completamente nudi, mentre io avevo tenuto la mia lingerie, e il volto era completamente coperto da quella strana maschera in lattice: sembravano quasi dei manichini, che si muovevano e si avvicinavano a me, con passo sicuro.

Niente inutili parole: anche questo faceva parte degli accordi. Non volevo vedere i loro volti e nemmeno sentire la loro voce: sarebbero stati, come aveva detto Flavio, dei “vibratori di carne”.

Non avevo nemmeno dovuto impegnarmi troppo per stimolarli: mi ero limitata a saggiare lunghezza e durezza con le mani, mentre sentivo la mia figa bagnarsi sempre di più. Poi il più intraprendente si era fatto avanti, facendomi scivolare il perizoma e lasciandolo a terra. Aveva assaggiato la mia figa con le dita e, probabilmente soddisfatto di quanto l’aveva trovata bagnata, si era infilato il preservativo e aveva iniziato a scoparmi, senza troppi riguardi.

Lo sentivo muovere avanti e indietro e potevo finalmente tenere gli occhi aperti: davanti a me avevo soltanto una maschera senza nessuna espressione. Gli altri due si erano avvicinati, continuando a menarselo, in attesa del loro turno. Forse avrei potuto chiedere anche qualcosa di più, magari una doppia, ma non volevo rovinare quell’atmosfera che per me era magica.

Il mio sguardo spaziava sui cazzi, mentre il primo orgasmo si faceva sempre più vicino. Avevo lasciato uscire un urlo di piacere forte: le pareti erano insonorizzate, così mi aveva assicurato Flavio, e il primo dei miei “manichini” era uscito, lasciando spazio al suo compagno. Che era partito subito, ancora più veloce, quasi senza darmi il tempo di recuperare dal piacere.

Erano andati avanti per non so quanto, dandosi il cambio ogni volta che raggiungevo un orgasmo: la pelle sotto di me e il tappeto ormai erano fradici per i miei umori. E nel frattempo Flavio aveva continuato a scattare le sue foto: il rumore dello scatto non mi dava nessun fastidio, quasi non mi accorgevo della sua presenza, quasi sconvolta dal piacere che ormai era troppo. Si muoveva come un’ombra, sullo sfondo.

Alla fine avevo alzato la mano: era il segnale convenuto, per cui ero arrivata al limite. I tre manichini si erano sfilati il preservativo, per farmi l’ultimo regalo: quasi all’unisono erano venuti sul mio seno, coprendolo con la loro abbondante sborra. Solo in quel momento avevo sentito qualche gemito uscire dalla loro labbra. E poi, esattamente come erano arrivati, erano usciti senza proferire parola.

Era rimasto solo Flavio, che mi aveva scattato le ultime foto, mentre raccoglievo la sborra per portarla alle labbra.

“Lo faremo un’altra volta vero?”

“Sì, ma questa volta li voglio neri”.

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