Una carezza nera – Racconto Fetish

La mia preparazione è stata lunga e meticolosa: la sua probabilmente ancora di più. Non ha voluto il mio aiuto per indossare la tuta in lattice nero, anche se sa benissimo quanto è difficile farla scivolare sulla pelle. Ma anche questo fa parte del piacere: lo stesso che sento quando infilo i guanti, che arrivano fino al gomito, e sento la pressione del lattice che si fa intensa sul corpo.

Il mio completo lascia scoperti il pube e il seno: e non indosso la maschera, perché voglio che possa vedere bene il mio volto. Entro nella stanza dove mi sta aspettando: è steso per terra, immobile, esattamente come gli ho detto.

La luce è soffusa, ma abbastanza chiara perché mi possa vedere: non ho indossato gli stivali, quindi il mio passo è leggero. Mi stendo accanto a lui e comincio ad accarezzarlo: il lattice esalta le forme e il suo profumo mi investe, mandando una scossa al cervello e anche alla mia vagina. Che comincia a vibrare e a bagnarsi.

Con le mani scorro sulle braccia, sul petto e sull’addome, per poi spostarmi sulle gambe: niente tocchi sul pene, se non per fargli male. Ma non è questa l’occasione.

La maschera gli lasci liberi solo gli occhi, oltre a una piccola fessura per la bocca: mi accorgo che il suo respiro si è fatto più veloce, la pressione della tuta e l’eccitazione lo spingono a cercare aria. Ma anche questo fa parte del mio e del suo piacere.

Mi alzo di scatto e già mi manca l’odore del lattice: ma pregusto la sensazione di sentirlo sotto i piedi. Comincio anche questa volta con una carezza leggera, sul petto, per iniziare a prendere confidenza con le sensazioni che si fanno sempre più forti. Poi sposto il piede sopra il suo viso e lui muove leggermente la testa.

Non vuol sfuggirmi, cerca di allungarla verso il mio piede: e io l’accontento, premendolo sulla sua bocca. Sento la punta della sua lingua che mi solletica la pelle e lo lascio giocare per un po’, prima di spostare il piede sul naso e sugli occhi. Ancora una carezza leggera, poi sposto il piede sul suo petto, divaricando le gambe: ho bisogno di essere comoda e, allo stesso tempo, di sentire la sensazione del lattice sopra e sotto la mia pelle.

Mi assicuro di essere nel suo campo visivo, prima di iniziare a muovere le mani verso il basso: quando raggiungo il clitoride la sensazione è quella di liberazione, non mi sono nemmeno resa conto del mio livello di eccitazione. Parto con una carezza leggera: non voglio che finisca troppo presto, né per me, né per lui. Movimenti circolari, senza premere troppo forte: gli stessi movimenti che con la punta del piede faccio, lasciandolo scivolare sul petto coperto di lattice.

Apro ancora di più le gambe: sono sicura che può vedere luccicare i miei umori, pronti a scorrere quando l’eccitazione salirà ancora. E lo sento gemere: solo un lamento soffocato, che non riuscito a trattenere. Per questa volta lascio correre e mi limito ad aumentare leggermente la pressione del piede: se continuerà, troverò il modo di farlo tacere.

Lascio scendere anche l’altra mano verso la vagina e apro le labbra lentamente: voglio che veda bene quello che mi fa, quando si lascia avvolgere dal lattice e si mette nelle mie mani. Poi, senza preavviso, infilo due dita dentro: la mia figa si stringe, una reazione involontaria a quella intrusione, per poi rilassarsi e lasciarmi lo spazio di muovere le dita avanti e indietro, prima piano, poi aumentando la velocità. Continuo a fissarlo, anche se la vista si fa meno chiara mentre il mio orgasmo si avvicina: i rumori che escono dalla mia vagina sono inconfondibili e ormai ho la mano quasi completamente bagnata.

Sto quasi per venire e chiudere gli occhi, quando lui si fa scappare un gemito, questa volta a volume più alto: non posso lasciare correre, perché non ha obbedito e ha interrotto il mio orgasmo. Sollevo il piede che tengo sul suo petto e lo appoggio alla bocca: lui la apre con un po’ di ritardo, forse sorpreso dal mio gesto, e io infilo dentro la punta. Non troppo a fondo, ma quanto basta perché non possa più emettere suono.

Lo vedo stringere gli occhi e cercare di deglutire: deve subire la sua punizione, ma non vuole smettere di guardarmi. E allora ricomincio: il ritmo delle dita è subito veloce, fuori e dentro, come lo sono i cerchi sul clitoride. Aggiungo un dito: ora sono tre, ma potrei andare avanti ancora se la posizione me lo permettesse. Sento che il liquido comincia a schizzare fuori dalla vagina: vedo le gocce che brillano in controluce sul lattice nero. Anche senza un dildo, sono pronta bagnarlo completamente con il mio piacere.

Il mio piacere riparte velocemente e altrettanto velocemente arriva al suo apice: godo, sento la vagina pulsare sempre più forte, come a voler stringere dentro e poi spingere fuori le dita e sento un fiotto di umori caldi che cola fuori, quasi come uno zampillo. Una, due, tre, quattro volte: i miei umori sono ovunque, sulle mie gambe, sul pavimento, sulla tuta nera.

E mentre lascio uscire un lungo urlo di piacere, lo sento dibattersi sotto di me, cercando di respirare e di urlare allo stesso tempo. Non so se è riuscito a venire, perché la tuta è troppo stretta, ma sicuramente gli ho regalato un ricordo con cui potrà godere da solo masturbandosi fino allo sfinimento più e più volte.

L’immagine di lui che gode pensando a me mi da ancora un brivido di piacere e la mia figa si stringe intorno alle dita, ormai ferme: ancora una spruzzata di liquido, questa volta cade poco lontano, mentre riprendo fiato e finalmente levo il piede dalla sua bocca. Respira a fatica, ma ha gli occhi spalancati, segno del suo piacere. Mi piego in avanti e asciugo la mia mano sulla maschera, prima di lasciarlo steso a terra e di uscire dalla stanza.

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