Una serata tranquilla – Racconto Porno

Doveva essere una serata tranquilla: una cena tra colleghe, solo donne, per festeggiare l’imminente matrimonio della più giovane dell’ufficio. Per me il matrimonio è un capitolo chiuso: con un divorzio complesso alle spalle, proprio non ho voglia di rimettermi con un uomo in casa.

Poi, saranno gli anni che passano, e i cinquanta che si avvicinano, ma sto perdendo interesse al sesso, anche perché gli uomini che ho intorno sono tutti davvero poco stimolanti. 

Mentre sono persa in questi pensieri, sento le mie colleghe cambiare tono: le risate si sono fatte maliziose e hanno per oggetto un avventore appena entrato. Anche lui è un collega, anche se lavora in un ufficio diverso. 

“Chissà perché lo chiamano Spadone?” Giulia se ne esce con questo commento, suscitando ancora di più l’ilarità delle altre. In effetti tanti dubbi non si possono avere: il rigonfiamento al cavallo dei pantaloni è segno della generosità di madre natura.

“Spadone”, che forse ha anche un nome ma non lo ricordo, ci saluta e si siede a un tavolo con altre persone. E la serata prosegue, tra risate, chiacchiere e vino. Decisamente troppo vino, almeno per me: non sono ubriaca, ma se mi toccasse un controllo e un palloncino, probabilmente avrei dei problemi.

Sto valutando se chiamare un taxi, quando “Spadone” si avvicina al nostro tavolo, probabilmente per salutare prima di andare via. Sembra che sia da solo: e magari è l’occasione per scoprire se il soprannome è quello giusto e divertirmi un po’.

Anticipo il suo saluto e mi alzo in piedi: “Caro, non ho molta voglia di guidare, potresti darmi un passaggio?” Le colleghe se la ridono, nemmeno tanto discrete, mentre lui, Luigi, alla fine mi è venuto in mente, sembra voler cogliere la palla al balzo.

“Ma certo, vieni, ho parcheggiato di fronte al locale.”

Scambiamo qualche chiacchiera di circostanza: la strada da percorrere non è molta, quindi devo farmi venire una buona idea velocemente, altrimenti rischio di andare in bianco anche questa sera.

“Puoi fermarti un attimo? Mi gira un po’ la testa, sarà il vino.” Accosta l’auto in una rientranza della strada: siamo già quasi in campagna, la via è poco illuminata e ancora meno trafficata. Forse ho scelto il momento giusto, devo solo trovare il modo di fare il passo successivo.

Mentre sto ancora pensando, per fortuna è lui che ci pensa: mi ritrovo la sua mano calda sul ginocchio, che inizia a risalire verso l’interno della coscia. 

“Se vuoi ho un’ottima cura per il mal di testa.” Un po’ banale, ma non è il caso di cercare la sottigliezza. Lo lascio fare, fino che arriva all’altezza delle mutande: niente di sexy, non prevedevo una serata del genere, ma lui non sembra farsi problemi, comincia ad accarezzarmi da fuori. E la mia vagina sembra gradire: sento che diventa umida, fino a bagnare la stoffa: decisamente ne avevo bisogno e lui non è niente male con le mani. Speriamo lo sia anche con il resto.

“Vuoi vedere la mia cura?” Non aspetta la mia risposta, armeggia in pantaloni e tira fuori un uccello di tutto rispetto: non lunghissimo, ma sicuramente il più largo che mi sia capitato di vedere. Chissà se riuscirò a prenderlo tutto?

Non è completamente eretto, allora allungo una mano e inizio a masturbarlo: vado su e giù, dopo aver sputato nel palmo per fare sì che la mano scivoli meglio. E in poco tempo lo sento diventare sempre più duro, mentre “Spadone” mi fa capire il suo apprezzamento con i gemiti. Mi viene voglia di leccarlo, ma non è il caso di perdere troppo tempo: siamo in macchina e non posso invitarlo a casa, visto che vivo con mia madre.

Quindi mi levo le mutande, cercando di non farle vedere, mentre lui tira indietro il sedile: ha capito al volo che preferisco stare sopra, probabilmente con quelle dimensioni sono molte le donne che fanno così. 

Continua a masturbarselo con la mano mentre io mi sposto per salire su di lui: per fortuna la macchina è spaziosa, perché non sono così agile. Quando sono sopra di lui sembra perdere la pazienza e mi spinge verso il basso. 

Quel cazzo enorme mi entra dentro davvero come una spada: nonostante sia bagnata, devo fermarmi per non sentire troppo male. Per non distrarlo, comincio a muovermi avanti e indietro, massaggiandogli il cazzo con l’ingresso della fica. 

Non male, ma non gli basta: mi abbassa, facendo forza sulle spalle e, nello stesso tempo, solleva il bacino per entrare del tutto. La mia vagina fa resistenza, poi si dilata per accogliere quel bastone di carne. Niente male davvero, qualche attimo per fare passare il fastidio, poi inizio a salire e scendere sul cazzo, mentre lui mi asseconda con spinte decise.

Davvero non ho provato mai un uccello così grosso: mi sento piena, quasi sfondata, anche se sono io a dettare il ritmo. Gli sto bagnando cosce e pantaloni, perché i miei umori escono come un fiume in piena: l’asta e il glande stimolano punti che non ricordavo nemmeno di avere nella figa e sento il primo orgasmo che si avvicina.

Accelero ancora il ritmo e lui mi viene dietro: con una mano comincio ad accarezzare il clitoride, per amplificare ancora di più le sensazioni. Una, due, tre spinte e scoppio su di lui, lo inondo di liquido, mentre non riesco a fermare l’urlo che mi esce dalla bocca: probabilmente tutta l’astinenza si è fatta sentire. 

Il bagno caldo gli deve piacere, perché anche lui aumenta il ritmo e inizia a gemere più forte.: cerco di seguire il ritmo delle spinte, ma diventano sempre più irregolari, finché non si blocca di scatto e sento il suo uccello pulsare ancora più forte. Mi riempe di sperma bollente: mai sentito tanto e tanto forte, inizia subito a colarmi fuori dalla figa, mentre lui si lascia scappare solo un gemito e spinge ancora un po’, forse per svuotarsi del tutto.

Mi alzo, cercando di non colare ovunque: anche se direi che un po’ di danno l’ho fatto. Sorpresa: il suo uccello è ancora duro e bisognoso di attenzione. Mi prende la testa e mi lascio guidare a prenderlo in bocca per ripulirlo: perché non fare un altro giro?

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